Il loro grido di dolore dovrebbe “perforare” il nostro petto,il nostro cuore…
Quando mi guardo intorno in questo deserto di umanità, questo non sentire l’altro,questo essere estranei al dolore di chi è in difficoltà,di chi soffre,di chi vuole,nonostante tutto, vivere,non riesco a capire dove stiamo andando…
Dove vogliamo arrivare con questo carico di disumanità che ci portiamo come un trofeo…
Un trofeo carico di sangue,odio,violenza…di sorrisi spenti,di bambini orfani…
E come un vecchio stanco …penso...
“E andando nel sole che abbaglia
sentire con triste meraviglia
com’è tutta la vita e il suo travaglio
in questo seguitare una muraglia
che ha in cima cocci aguzzi di bottiglia.”(Montale)
Una sola preghiera…ascoltate il video!!!!!!!!!!!
A voi le considerazioni
Malgrado tutto…
Vogliamo chiamarci ancora uomini?
Teoria e pratica della detenzione amministrativa - Una testimonianza da Ponte Galeria
da macerie
«Quando sono entrato qui mi hanno detto che dovevo stare tranquillo, che qui ero libero… Ho visto la Croce Rossa e mi sono detto: “meno male, almeno non vedo la polizia intorno”. Invece mi sono sbagliato tanto, mi sono sbagliato tanto a pensare così…
La Croce Rossa mi ha dato un paio di ciabatte, un paio di lenzuola di carta di quelle che si usano sui treni, quelle usa e getta. Mi ha aperto un cancello e… lunghe sbarre, lunghe sbarre alte quattro metri. Tutto a sbarre. Avete presente gli zoo, come sono divisi gli animali? Una gabbia sono negri, una gabbia sono arabi, una gabbia sono del Bangladesh, una gabbia sono indiani, una gabbia sono europei… Da lontano ho visto i militari, e come girano intorno coi mezzi che usano lì in Afghanistan - armati! Subito mi sono reso conto che mi hanno detto una bugia, che non ero libero io: una persona chiusa in una gabbia 16 per 20 non può essere libera, non può essere libera!
Qui non c’è la vita, non si può vivere così: ci danno il vitto solo per tenerci in vita. Sapete come ci sentiamo, sapete come ci sentiamo noi? Persone sequestrate! Una cosa è sentirla - vedete, mi viene la pelle d’oca - e un’altra cosa è trovarsi solo cinque minuti in una gabbia… e no, due mesi, tre mesi, quattro mesi, cinque mesi, sei mesi… E intorno a noi girono militari che sono tornati dall’Afghanistan. Vigili urbani, Polizia, Finanza, Carabinieri, Polizia stradale, militari… tutte le divise abbiamo qua. E in più abbiamo la Croce Rossa: per me il nome della Croce Rossa è infangato, infamato!, perché sotto le divise della Croce Rossa si nascondono gli ex militari. E questo lo posso confermare davanti a tutti, anche davanti al Presidente della Repubblica.
Qui non è come fosse Guantanamo: è Guantanamo. È Guantanamo. È Guantanamo del signor Berlusconi, del signor Bossi, del signor Maroni, del signor Fini, del signor Casini e del signor Calderoli. Noi vogliamo che nostra voce si senta da qua a tutto il mondo come si è sentita per Guantanamo.Trasmettetela e ve ne saremo molto grati: le nostre sofferenze qua non si possono descrivere. Non si possono descrivere, non si possono descrivere…»
Ponte Galeria, Roma, 30 agosto 2009
La teoria e la pratica della “detenzione amministrativa” in undici minuti di intervista su macerie
(Sono giornate agitate, queste, a Ponte Galeria. Aumenta la sofferenza ed aumenta la voglia di urlare. Un recluso oggi si è sentito male ed è stato portato via, un altro ha inghiottito due pile e non l’hanno portato in ospedale perché avevano paura che scappasse. Tra l’urlo e la lotta, forse, ancora qualche giorno.)
E ANCORA……………
fonte: carta 10/09/09
Cinque marocchini ed un tunisino sono riusciti a fuggire dal Centro di identificazione ed espulsione di Lamezia Terme, dove erano detenuti. Tre di loro sono stati catturati. Hanno approfittato di una protesta che avevano messo in atto ieri sera. Storia di un Cie emblematico, nelle campagne calabresi.
Ancora un’evasione da un Centro di identificazione ed espulsione italiano. Ieri sera sei reclusi sono riusciti a scappare dal Cie di Lamezia Terme, in provincia di Catanzaro. Pare si tratti di cinque marocchini e un tunisino. I sei sono riusciti a scavalcare l’alta rete di recinzione esterna del Centro. Gli agenti in servizio di vigilanza, per evitare che anche altri potessero seguirli, hanno lanciato alcuni lacrimogeni. L’evasione è avvenuta nel corso di una rivolta: i sei ne hanno approfittato per evadere. Sul posto sono poi intervenute diverse pattuglie di polizia e carabinieri che poco dopo hanno bloccato tre dei sei fuggitivi mentre cercavano di allontanarsi nelle campagne del lametino. Degli altri tre, invece, non si hanno notizie. Uno di loro era già riuscito a fuggire dal centro in un’altra occasione.
Risulta che anche ad agosto scorso c’erano state delle rivolte al Cie di Lamezia, in contemporanea a quelle scoppiate nei centri di Milano e Torino. Il centro di detenzione per migranti di Lamezia Terme ha una storia emblematica. Per di più, quel Centro ha una storia strana, e la cooperativa sociale che lo gestisce ha un nome beffardo: "Malgrado tutto".
Nata per creare una comunità di recupero per tossicodipendenti e diventata guardiana di un centro di permanenza temporanea, la storia della cooperativa di Lamezia Terme, città in provincia di Catanzaro la cui amministrazione comunale amministrata a fatica dal sindaco Gianni Speranza [Sinistra e libertà], che è stato eletto nonostante i partiti che lo sostengono non abbiano la maggioranza in consiglio comunale, dopo che l’amministrazione precedente di centrodestra era stata mandata a casa per infiltrazioni mafiose.
La storia del Cie di Lamezia è uno spaccato della storia delle "emergenze" nel nostro paese.
Tutto inizia nel dicembre del 1997. Sulle coste ioniche calabresi sbarcano centinaia di kurdi in fuga dall’esercito turco, e la risposta della società civile e delle istituzioni locali è semplice è straordinaria. Ai kurdi vengono aperte le porte delle case lasciate vuote dagli emigranti. Il centro storico del paese di Badolato, abbandonato da decenni, si riempie di nuovo. Ma in quei giorni accade anche altro. Raffaello Conte, presidente del centro di recupero per tossicodipendenti "Malgrado tutto", intuisce le nuove possibilità, avvia un rapporto con la Protezione civile e trasforma la "comunità di recupero" in "centro di prima accoglienza". Il passo verso il vero e proprio Centro di detenzione è breve. La convenzione arriva nel 1999. È bastato allungare le sbarre fino a sei metri di altezza e far presidiare il posto dalle forze dell’ordine ventiquattro ore su ventiquattro. Si raddoppia il giro d’affari: con un centro di accoglienza si incassavano meno di 20 euro al giorno a persona "ospitata", per la gestione del Cpt, una retta giornaliera pro capite di 46 euro.
L’importo medio annuo che lo stato versava fino a qualche anno fa nelle casse di "Malgrado tutto"è di oltre un milione e 250 mila euro. Poi, sempre nel 1999, un’altra "emergenza umanitaria", che prenderà il nome di "Missione Arcobaleno", riempie i giornali. Raffaello e i suoi si mobilitano di nuovo per organizzare l’accoglienza dei profughi kosovari nell’ex base Nato di Comiso, in Sicilia. Dopo poco più di un anno, il benefattore fu arrestato per "distrazioni di materiale di vario genere" proprio nei giorni dell’accoglimento dei profughi kosovari, insieme al responsabile dei magazzini e al titolare di una ditta di autotrasporti comisano. Fra i reati ipotizzati: falso, sottrazione di documenti, truffa e ricettazione.
Nonostante questo, il Cpt cambia nome in Cie resta aperto fino a oggi e grazie alle norme approvate dalla destra nel pacchetto sicurezza può limitare la libertà dei migranti fino a 18 mesi. La struttura si trova, isolata, su una collina, circondata dagli ulivi. Un complesso a due piani con un cortile interno per le attività ricreative. Al pianterreno si trovano i servizi, al primo piano le stanze e una piccola moschea. L’intera area è recintata, l’accesso è controllato da un passo carrabile con sbarra e un gabbiotto di controllo. Più giù, una palazzina ospita gli agenti addetti alla sorveglianza. Sei poliziotti e sei carabinieri si alternano in turni di sei ore. La presenza media di "ospiti", migranti senza status giuridico, nemmeno quello di detenuti, è di circa 75 persone.
Formalmente, la sorveglianza è solamente esterna, ma la cosa è controversa: le forze dell’ordine non potrebbero entrare all’interno delle gabbie e dentro le stanze degli "ospiti". Tutto lascia pensare che nei momenti di particolare tensione, per altro numerosi viste le condizioni di vita, questo invece avvenga. Basti pensare che nella gran parte delle stanze la porta è sostituita da una coperta, perché le porte vengono periodicamente divelte. Tutte circostanze che erano state già denunciate anche dalla commissione ispettiva sui Cpt istituita da Giuliano Amato nel 2006 e diretta dal segretario Onu Staffen De Mistura
Dom, 13/09/2009
http://www.informa-azione.info/teoria_e_pratica_della_detenzione_amministrativa_una_testimonianza_da_ponte_galeria